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Associazione Ticinese Terza Età04 nov 20254 min read

Il Museo che cura

Attualità ATTE


Dalla cura alla prevenzione, con l'arte al centro: è questa l’anima del progetto Interreg "Museo di prossimità" del quale l’ATTE è capofila per la Svizzera italiana. L'iniziativa si propone di superare le barriere culturali e fisiche per rendere l'arte un'esperienza accessibile e terapeutica per tutti, dai cittadini agli anziani. Ne abbiamo parlato con Giorgio Comi, membro del comitato direttivo dell’ATTE e presidente della Sezione Mendrisiotto e Basso Ceresio, che coordina le attività in Ticino.

 

Giorgio Comi, com’è nato questo progetto Interreg?

«Il progetto "Museo di prossimità" è nato come continuazione e sviluppo di esperienze precedenti di successo, con l'obiettivo di spostare l’attenzione dalla cura alla prevenzione e al benessere generale della popolazione in salute. Mi riferisco a progetti come "BrainArt", incentrato sulla cura di persone affette da malattie dementigene, grazie al quale sono stati evidenziati i benefici dell'esposizione all'arte sulla qualità della vita di persone malate. Benefici che potrebbero essere riassunti nello slogan “Andare al museo allunga la vita”.

Il passo successivo era stato fatto con il Progetto Interreg "City4Care", focalizzato sulla promozione del benessere individuale e collettivo nella prossimità (quartieri, villaggi), benessere come cura dell'altro, della comunità, e del territorio. Con il Progetto Interreg "Museo di prossimità" si è voluto ora sviluppare un’ottica di prevenzione. In collaborazione con il CRAMS1, la nostra controparte a livello europeo, abbiamo depositato il progetto e la decisione è arrivata a fine 2024: il progetto è stato apprezzato con un ottimo punteggio nella valutazione della commissione Italo-Svizzera, ottenendo così il finanziamento e l’invito a procedere.» 


Cosa si intende quando si parla di "Museo di prossimità" e a chi si rivolge?

«La prossimità è quell’insieme di elementi di un territorio e di una comunità che fanno riferimento ad una percezione soggettiva di vicinanza. Con il "Museo di prossimità" si vuole quindi valorizzare il quadro culturale situato in un contesto geografico limitato, facendo riferimento agli oggetti d’arte che vi sono proposti, dando loro nuova vita, suscitando curiosità, piacere di scambiare idee e ricordi e, perché no, anche attivando il desiderio di fare, produrre, esporre. Uno degli obiettivi del progetto è il superamento delle barriere fisiche e, soprattutto, culturali affinché chiunque possa entrare in un museo sentendosi a casa sua e nel pieno diritto di fruire delle opere, a prescindere dalla sua formazione di base, dalle conoscenze, dall’esperienza pregressa o dall’origine. Infatti, grazie a un intervento di mediazione, durante le visite l’accento si sposta dall’oggetto d’arte con il suo autore alla persona che lo osserva e a ciò che percepisce. Cosa senti? Ti piace? Quali ricordi ti suscita? Sono tutte domande che il mediatore può utilizzare per mettere al centro la persona, i suoi vissuti e la sua storia. È in questo modo che l’esposizione all’arte può avere dei risultati interessanti e addirittura positivi per il benessere della comunità e del singolo.»



Ci sono esperienze in questo senso che l’hanno colpita in modo particolare?

«Ne ricordo una che, sebbene non legata al "Museo di prossimità" in senso stretto, ne è la radice emotiva e motivazionale. Durante il progetto "BrainArt" abbiamo sperimentato la sonificazione degli spazi dando voce alle statue o alle opere d'arte, sempre con la dovuta mediazione culturale. Queste opere d'arte raccontavano di sé o del loro periodo storico o, addirittura, interagivano ponendo domande dirette alle persone (es. "Che effetto ti faccio?", "Come ti sembro?”).

L’effetto è stato impressionante: ho visto persone che, pur essendo in condizione di mutismo - a causa di malattie dementigene come l'Alzheimer profondo, hanno espresso opinioni o hanno reagito all'interazione e ai commenti degli altri.

Non è magia ma il risultato di una costruzione di strategie di accessibilità fisica e, soprattutto, cognitiva. Questo approccio ha permesso di "parlare" a persone che non comunicavano da tempo, perché ha dato loro la legittimazione e il contesto giusto per uscire dal silenzio, dall'isolamento e dall'introversione. È stata una prova potentissima di come l'arte, mediata correttamente, possa essere un elemento di cura e risveglio profondo.»


Il Museo di prossimità ha già mosso i primi passi nel Mendrisiotto, come si svilupperà il progetto nel futuro?

«Nel 2026 entreremo nella fase di sviluppo delle sperimentazioni e dell’implementazione di strategie di mediazione rivolte alle diverse tipologie di pubblico, cittadini del territorio, anziani dei Centri socioassistenziali e terapeutici, residenti delle Case per anziani.

Non si tratta solo di rendere fisicamente accessibili i musei ma di ideare le azioni concrete (le attività guidate, i laboratori) che mettono al centro la persona, le sue emozioni e i suoi ricordi, trasformando l'esposizione all'arte in un elemento di benessere comunitario. Parallelamente alla mediazione culturale e socioaffettiva, cerchiamo di sviluppare strumenti innovativi. Lavoreremo per sperimentare e implementare soluzioni come, ad esempio, le visite guidate in streaming o la sonificazione delle opere, per garantire l'accessibilità cognitiva anche a chi ha limitazioni fisiche o mentali. Continueremo a lavorare con le Case per Anziani, dove l'approccio ha già dato risultati importanti e amplieremo il raggio d'azione includendo in modo sistematico l'intera comunità locale attraverso le associazioni partner.

Per assicurare l'impatto a lungo termine, la formazione è essenziale e, per questo, intendiamo coinvolgere il personale sanitario e sociale, i caregiver e i volontari locali, affinché possano sostenere l'iniziativa e replicarla anche dopo la fine del progetto Interreg. Non da ultimo monitoreremo l’impatto di tutte le azioni e cureremo le relazioni con le istituzioni museali, assicurando che questo approccio relazionale e di prossimità sia accettato, valorizzato e integrato nel loro operato futuro.»

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1Il CRAMS (Centro Ricerca Arte Musica Spettacolo) è un Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) attiva dal 1981. Oggi promuove la rigenerazione urbana attraverso l’arte in collaborazione con Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e i Quartieri del Terzo Paradiso e la sperimentazione di Crysalis (arte e cura, arte e benessere individuale e collettivo).

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Associazione Ticinese Terza Età
Associazione apartitica e aconfessionale che promuove iniziative volte a facilitare l’integrazione sociale e intergenerazionale delle persone anziane.

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